Come ha detto una volta una carissima amica, a Cagliari c’è una sorprendente concentrazione di giornalisti. Non solo qui, ovviamente: l’Italia è piena di persone che anche facendo altro in realtà vorrebbero fare questo lavoro.
Ecco cinque segnali importanti da tenere d’occhio (o ai quali rassegnarvi, se ormai la frittata è fatta):
- Il giornalista medio legge più del normale. Fin da piccolo tende a impegnare somme consistenti della sua paghetta in riviste, libri, fumetti, ed è qualcosa che può soltanto peggiorare. Quindi, se vostro figlio ha questa tendenza, sappiate che invocare l’analfabetismo di ritorno non ha senso, e che è meglio rassegnarsi, tanto ormai non lo potete dare indietro. Ed è bene non disturbarlo/a quando legge, come si fa con gli animali quando mangiano. Io ve l’ho detto.
- Parlano molto, e vogliono che anche gli altri lo facciano. E’ una cosa tremenda, particolarmente molesta: non esistono soliloqui nei giornalisti “medi”, perché quelli arrivano con l’età avanzata o con l’avanzamento di carriera, un po’ come con i professori universitari. Il giornalista che cova la malattia o la sta, diciamo così, gestendo, vuole parlare di tutto e ha bisogno di un feedback, anche se state semplicemente facendo colazione insieme e voi non ne avete voglia. “Ma hai letto di…?”, “hai visto che…, che ne pensi?”. Capisco che la modalità “intervista” spesso possa risultare irritante, bisogna farci il callo. Segue, in ogni caso, raffica di domande. Rispondete, tanto non molla e passa ad un altro argomento, saltando dall’evoluzione del capitalismo al gossip sul calciatore.
- Il giornalista è per sua natura indagatore, osservatore, subdolo. Anche mentre siete da Bricoman o state stirando le camicie lui/lei vi osserva, vi sta monitorando, vi tiene sott’occhio. Per capire i vostri sentimenti o problemi e magari darvi una mano? Macchè, per scrivere un articolo o un post sul suo blog. Non è che non vi voglia bene, è che per lui, romanticamente, tutto è fonte d’ispirazione. Prendetela con filosofia e sentitevi lusingati.
- Vogliono essere aggiornati su quello che succede, costantemente. Non tutti si appassionano ai telegiornali, men che meno si incattiviscono se non glieli fate guardare/ascoltare (vale un po’ lo stesso discorso dei giornali). Loro sì. A volte, mentre voi pregustate una bella passeggiata in campagna per raccogliere asparagi, il soggetto/la soggetta sta solo pensando se, lungo la strada, troverà un’edicola. La sindrome dell’aggiornamento costante, per esteso, riguarda anche le attività ludiche: le serie televisive, i trend del momento, perfino il bieco gossip. Non c’è speranza di spegnere i soggetti con questo problema, quindi bisogna attrezzarsi. Con due televisori, o con orari diversi. O lasciando perdere la campagna, che poi alla fine ci sono troppi pollini che svolazzano.
- Diventano improvvisamente dei moralizzatori da Inquisizione quando leggono o ascoltano degli strafalcioni grammaticali. Ve ne accorgete presto, basta osservarli: sono quelli che s’incazzano perché gli altri non si incazzano per questa cosa. Cioè, per chi vuole essere giornalista va bene tutto: sesso libero, droghe, calzini bianchi, tettoni rifatti, tanto loro sono gente di mondo. Ma se sentono roba tipo “la telefono” o “quando corichevamo”, impazziscono. E vi stressano, inutilmente. Non provate a spiegare loro che sono peggio di Don Chisciotte, è inutile: annuite e mostrate comprensione. Poi scappate.
4 comments
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"Vil razza dannata"?
Mario Gottardi
Allora, io nella 4 (l'idealtipo che parla molto e a cui piace gente che parla molto) non mi ci riconosco affatto. Anzi, mi rompe, e molto la logorrea. Sono per quello poco e bene. Se non hai da dire nulla o se devi dire ovvietà, banalità, meglio tacere. Si fa più bella figura.
Ma nel post, cara Regina Madry, ti sei scordata molte cose. Ah, che sbadato, non pensavo che oggi, ahinoi, in pochi lavorano in una redazione vera. Ma se vi capitano, sono proprio quelli da tenere più alla larga, per svariati motivi. Eccone alcuni:
1) Se state accanto a loro, scordatevi di passare weekend al mare, campagna o dove cavolo volete voi. Il mondo non è Dio che si riposò. Nel fine settimana ci si muove, si viaggia, ci si ammazza, si fanno incidenti di tutti i tipi, c'è lo sport professionistico da seguire. Insomma, un giornalista avrà da lavorare. Quasi sempre. Non vi resta che sperare in quei cinque giorni dell'anno in cui non escono i giornali (ma ricordate: un nerista di turno c'è sempre).
2) Orari normali? Naaa…troppo banale. I giornali si chiudono la sera tardi, non prima delle 21 – 21,30 (dato ottimistico) e poi c'è il turno di notte. Per cui cene con gli amici ok, ma il vostro arriverà in ritardo. Idem per cene in casa. Di contro c'è che il giornalista, in genere si sveglia più tardi del resto delle persone. Dunque la mattina, se vivete con lui/lei, non rompetegli i cabasisi se non si sveglia.
3) Legge sempre, anche a letto, anche i giornali. Per cui se vi dà fastidio l'odore della stampa, cambiate letto, stanza o partner.
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clara mulas
tranne per il punto 4. (hai voglia se a volte preferirei andare a cogliere asparagi en plein air), concordo su tutto (istinti omicidi in caso di calzino bianco compreso). Mario, hai fatto delle precisazioni interessanti. Purtroppo la mia sveglia è comunque sempre puntata moooolto presto 😉