Ma i tempi sono in certi, l’astensionismo di certo sarà corposo, gli indecisi aumentano.
Le intenzioni erano buone, ma il risultato finto in tutti i casi. Questo perché una persona, se è professionista della politica, di solito non ha una vita normale, almeno in quel momento della vita: non fa i piatti, non serve l’aranciata alla festa dei figli, e magari li aiuta i vicini di casa, ma il suo gesto si perde nel marasma del momento.
La normalità è fatta di tante cose, non va ridicolizzata o ridotta a “figurina” con i soliti stereotipi casalinghi. Meglio un bel pranzo in famiglia o con i collaboratori, se proprio proprio.
3. Collegato al punto precedente, c’è il fatto degli scleri personali. Mettersi a parlare d’amore, per esempio, può divertire me che mi appassiono alle trasformazioni delle persone ad opera dei social network, ma conto meno del due di picche. L’elettore non capisce perché quel candidato debba esternare la sua passione politica attraverso metafore sentimentali, dichiararsi capace di amare “molto e in profondità” suscitando inquietudini ambosessi, avventurandosi in battute di spirito, in sostanza: autocelebrando il privato. Ma anche no, grazie! La riservatezza non è freddezza: anche qui, è normalità, questa sconosciuta. Però, siccome va anche mostrato che il candidato/a è “uno di noi”, potrebbero andare bene la famiglia (col contagocce), lo sport, gli animali senza esagerare, la lettura non accademica.
4. Tenere al guinzaglio i supporters più invasati. Il sostegno va benissimo, ovviamente, e fa audience e popolarità, ma occhio alle sciocchezze adoranti, alle professioni di fede assoluta, agli attacchi agli avversari, all’imperversare sugli spazi virtuali (quindi reali) altrui. Si chiama violazione della privacy, molestia, e rovina immediatamente la reputazione del candidato che ha la sfiga di raccogliere questo tipo di consenso.
Diciamo che invocare il voto a una donna in quanto tale aliena immediatamente le simpatie di chi è sufficientemente evoluto sulle questioni di genere, oltre a dare ragione a quelli che si fanno un vanto di non essere “femministi”. La prospettiva di genere può essere un vantaggio in termini di comunicazione se utilizzata correttamente per spiegare le questioni importanti, quali ad es. la conciliazione dei tempi di vita-lavoro, il welfare e i diritti della famiglia e dei bambini, l’occupazione femminile ecc. Ma raccontare in chiave politica- femminista qualsiasi episodio, beh, indispettisce parecchio l’elettorato attento a questi argomenti (gli altri semplicemente non capiscono il senso, e giustamente). E occhio al paternalismo, ragazzi.
Perché no? Semplice: perchè A. non glielo prescrive il medico e B. contrasta con l’immagine cavalleresca di salvatore e martire della Sardegna. L’elettore medio potrebbe pensare, a ragione, che in un caso ha fatto semplicemente quello per cui è profumatamente pagati, o in alternativa spernacchiarlo.
Esempio tipico: “ti candidi? Forse perché cercarsi un lavoro è troppo faticoso?”.
I più molestati sono sempre Gandhi, Gramsci, Sun Tzu, Kennedy e ultimamente Nelson Mandela, ma ho visto anche Jim Morrison. Lo giuro, è vero: la passione per le citazioni (altrui, ovviamente) non conosce limiti. Però il candidat* dovrebbe ricordarsi che non è uno qualunque (tipo me, per esempio) che sta cazzeggiando sui social network e quindi posta le sue frasi del cuore, ma al limite farlo in maniera oculata e parsimoniosa. Appropriarsi delle parole di qualche grandissimo può far sembrare presuntuosi, poveri di idee, anche un po’ bimbiminkia, quindi magari sarebbe meglio qualche intervento originale, sintetico, non per forza evocativo di chissà quali sentimenti. E’ stato già scritto tutto, ragazz*: che altro potete fare? E poi io prediligo Oscar Wilde e Groucho Marx, ma non ho ancora letto qualcosa a proposito. Strano, eh?
Devono essere buoni, comunque buoni. Punto. Le invettive sul modello grillino le abbiamo già sentite e sanno di fascismo strisciante, per usare un eufemismo. Giornali e Tv possono e devono essere fruite criticamente, analizzate e contestate, infine spiegate al proprio bacino elettorale di riferimento, ma senza insultare (punto 1.) e senza urlare: quindi no maiuscole, no punti esclamativi, no espressioni tipo “pennivendoli venduti”, “servi” o simili. Ai candidati, se vogliono fare questa carriera,è richiesta una certa competenza linguistica, lessicale, ortografica.
Tutto ciò non perché non è carino o educato, ma perché i media sono utili.
Questi nostri tempi “liquidi” sono anche la terra di nessuno delle ideologie così come le abbiamo conosciute. Troppo lungo e complicato, per quanto meritevole, addentrarsi nelle pieghe del marxismo, del liberismo, degli approcci keynesiani o meno all’economia, del comunismo. Il rischio è il qualunquismo, l’effetto del “sono tutti uguali”, o meglio ancora del “sono ancora e sempre fatti così”. Tutte cose che l’elettore– fatto salvo lo zoccolo duro dei fidelizzati, i militanti, gli studiosi, ecc., che però non sono oggetto di questa rilevazione del Centro Studi Madrigopolis- non segue oltre la seconda frase.
Dobbiamo capirvi io e anche il mio fruttivendolo (prima di stracciarvi fintamente le vesti in un attacco di virus del politicamente corretto, leggete qui). Il punto 10. è, come abbiamo detto, il pre-requisito fondamentale della purezza giudiziaria assoluta. No condanne, no casini, no polemiche sulla giustizia cattiva. Soprattutto perché l’elettore non ha tempo né voglia di capire le sfumature e le differenze tra i problemi giudiziari di ognuno, e perché non è il suo lavoro.
B. Vino bianco a scelta con bollicine
C. vino bianco a scelta fermo, senza bollicine (gradazione superiore)
D. vino rosato (?)
E. vino rosso “classico”, fra i 12.5 e i 13.5
F. vino rosso di proprietà in bottiglia di vetro verde
G. distillati e superalcolici fatti in casa (gradazione sconosciuta).